Cosa sono e a cosa servivano?
In una terra in cui l’acqua era una risorsa tanto scarsa quanto preziosa, soprattutto le comunità rurali dovettero ingegnarsi per raccoglierla, conservarla e riutilizzarla nei campi senza sprecarne una goccia. Era attiva una vera e propria forma di economia circolare riguardo le scarse risorse disponibili. La presenza o la scarsità dell’acqua hanno da sempre influenzato l’architettura rurale pugliese.
Pensiamo ad esempio ai pozzi, alle cisterne e agli acquari, elementi presenti in tutte le abitazioni urbane e rurali, tanto che la ricchezza di una famiglia era misurata in base alla sua riserva idrica.
La cisterna era un serbatoio interrato o semi interrato in cui confluiva l’acqua piovana raccolta dai tetti. A differenza dell’acquaro, sia la cisterna che i pozzi potevano essere interni alle abitazioni. In particolare i pozzi potevano essere installati nelle cucine e nelle zone delle case adibite alla lavorazione del cibo e dei prodotti agricoli.
L’acquaro, invece, rappresenta insieme al muretto a secco uno degli elementi più riconoscibili, nonché indispensabili, della nostra architettura rurale, anche perché, come detto, esterno all’abitazione.
L’acquaro era di dimensioni maggiori rispetto alla cisterna (più l’abitazione era ricca e prestigiosa, più grande era l’acquaro), raccoglieva tutta l’acqua in un unico grande contenitore attraverso un elaborato sistema di canalizzazioni in pietra o terracotta, a vista o incassate nelle coperture e nelle pareti; era affiancato da altri pozzi o abbeveratoi per gli animali.
C’erano poi le neviere, certamente più rare ma molto particolari. Si trattava infatti di vere e proprie bioarchitetture, spesso scavate nel terreno (ce n’erano anche di esterne), e per questo in grado di sfruttare il naturale isolamento termico di un sito per conservare a lungo la neve e il ghiaccio raccolti durante l’inverno, utili per refrigerare cibo e scorte alimentari.
La parte superiore della neviera veniva, a volte, coibentata con pietrame, bolo e calce, creando quindi una distesa di malta su cui era possibile la crescita di piccole piante che aumentavano il livello di isolamento termico dell’edificio. Il ghiaccio conservato nelle neviere era preziosissimo, ed era poi rivenduto in negozi specifici come quelli presenti nel centro storico di Francavilla, in cui è ancora oggi visibile, non a caso, la chiesetta della Madonna della Neve.