Fino a un secolo fa, a Francavilla come in tutta la Puglia, l’acqua era una risorsa fondamentale ma anche scarsa, sia fuori che all’interno delle mura. Inoltre non sempre era potabile e si utilizzava, oltre che in agricoltura, principalmente per lavare i panni e curare l’igiene domestica e personale.
In città c’era quindi una serie di pozzi di acqua sorgiva, per lo più privati, cui attingere. Inutile evidenziare la preziosità ed il valore che i pozzi potevano avere.
Oggi sono ancora presenti nel centro città, tra gli altri, il pozzo di Palazzo Bellanova, quello nel cortile di Castello Imperiali e quelli nei chiostri della Chiesa della Madonna della Croce e dei Padri Liguorini.
Attorno agli anni ’20, poi, ci fu una vera e propria rivoluzione con l’arrivo delle fontanelle in ferro dell’Acquedotto Pugliese. Le nuove fontane garantirono acqua potabile e pubblica. Attorno alla raccolta dell’acqua si creavano momenti di socialità, dato che si andava a raccoglierla in due (spesso donne o ragazzini), più volte al giorno, anche da quartieri diversi.
L’arrivo delle fontane portò anche alla creazione di nuovi mestieri: artigiani che producevano ‘menze’ e ‘giare’ di creta, preziosissime per il rifornimento e il trasporto, fino al fontaniere, che si occupava delle operazioni di pulizia e manutenzione delle fontane.
Con l’Acquedotto Pugliese arrivarono anche le fontane monumentali: la prima fu quella di Piazzale Matteotti, davanti alla stazione ferroviaria; ce n’era una anche in Largo Cappuccini.
Quella originale in Piazza Umberto I sprofondò nel 1928, e fu sostituita dall’attuale, anche questa donata dall’Acquedotto Pugliese alla città.