Le specchie messapiche testimoniano la vita nel territorio francavillese già in epoca antichissima, a partire dal I secolo a.c.. Le specchie, costruzioni di pietre a secco, simili a grossi cumuli terrazzati, si ergevano “solitarie e cupe nelle nostre campagne”, per dirla con lo studioso Giovanni Neglia. Potevano superare i dieci metri d’altezza e avere diverse funzioni: nel caso dell’imponente Specchia Giovannella, situata nei pressi dell’omonima masseria, ad esempio, troviamo un’architettura ad anelli concentrici posta su un rilievo, da cui era facile dominare la vista nella pianura di campi circostanti.
Pertanto, insieme ai ‘paretoni’ di pietra, Specchia Giovannella serviva con tutta probabilità a delimitare un territorio e a controllarlo e difenderlo, così come probabilmente serviva a sorvegliare il pascolo delle greggi.
In altri casi si ipotizza invece, per le specchie, una funzione funeraria; quel che è certo è che questi monumenti raccontano gli insediamenti umani nel territorio proprio in virtù della presenza dell’acqua, anche grazie al fatto che all’epoca il Canale Reale era un fiume navigabile, che permetteva di penetrare facilmente nell’entroterra, e connettere i diversi insediamenti rurali che rappresentano importanti centri socio-economici.
Dobbiamo la scoperta di questi monumenti megalitici e la loro classificazione principalmente all’intellettuale Cesare Teofilato, sindaco di Francavilla sul finire della Seconda Guerra Mondiale, il quale convinse i contadini a metter fine allo spietramento delle specchie per indagarne le origini e le funzioni.
Oltre a Giovanella, si contano oggi sul territorio francavillese diverse specchie, tra cui Specchia Miano, Specchia Capece e Specchia Calò.