Partiamo dalla toponomastica: l’antichissima via San Salvatore prende il nome dal casale attorno al quale si raggrupparono le comunità che si erano stabilite da queste parti proprio grazie alla presenza dell’acqua, come raccontato anche nella leggenda fondativa, per poi dare vita al primo agglomerato urbano francavillese.
Sempre nel centro storico, in particolare attorno a via San Giovanni e alla stessa via San Salvatore, fino all’inizio del ‘900 era possibile trovare un ecosistema di professioni che ruotava intorno all’uso dell’acqua: ceramisti, cartapestai, fabbri, senza dimenticare i venditori di ghiaccio (spesso anche produttori di ‘cupeta’) nella vicina via Roma, rappresentavano il tessuto produttivo vitale della Comunità, sino al secondo dopoguerra.
Con l’arrivo dell’acquedotto e delle fontane pubbliche si creò, nell’attuale quartiere Peschiera, poco distante dal centro storico, un vero e proprio rione di artigiani, accomunati da saperi e conoscenze.
Il quartiere era chiamato ‘Sobbra li cameni’, il cui nome è derivato dalle ciminiere delle botteghe in cui si producevano, oltre che ceramica e cartapesta, una serie di oggetti legati proprio al rifornimento ed alla distribuzione dell’acqua: la ‘menza’ (giara a due manici, prima di creta, poi di ferro), ‘lu mile’ (per conservare l’acqua fresca), il ‘tragno’ (recipiente in pelle animale) i ‘cruecci’ (tentacoli triangolari per il recupero di secchi e recipienti caduti nei pozzi).